sabato 17 ottobre 2009

ANTICHE TRADIZIONI




In Sardegna, verso metà del secondo millennio a.C., si erano sviluppate forme di civiltà in villaggi sorti intorno a residenze fortificate, in zone in cui la pesca, la pastorizia e l'agricoltura avevano avuto un imponente sviluppo.
Di queste civiltà si hanno prove e testimonianze che risalgono fino al sesto millennio a.C.: sono diffusi oggetti di ceramica tardo neolitica, lavorata a mano, sottoposta a procedimenti di lisciatura o incisione e dipinte con forme geometriche non prive di variazione di fantasia.
Queste antichissime testimonianze, di gran lunga precedenti la comparsa dei nuragici, provano la presenza di vita religiosa ed economica in Sardegna già prima del contatto della regione con le grandi civiltà della Mesopotamia. Dimostrano inoltre l'esistenza di un antico sostrato di civiltà indigena con sviluppi autonomi, che ha percorso i presupposti necessari per il diffondersi di centri commerciali che scambiavano i prodotti della pastorizia, dell'artigianato e dell'agricoltura locali.
I centri di scavo ci mostrano prove di elevato tenore di vita con presenza di ceramiche colorate e decorate che rivelano la presenza di grandi ricchezze dei dinasti locali. La presenza di agenzie commerciali si protrasse per molti secoli, comportando progressi nella vita economica e culturale dell’isola: durante il secondo millennio si può parlare di una forma di colonialismo commerciale, che non soltanto lasciava sopravvivere l'assetto politico e sociale precedentemente trovato in Sardegna, ma determinava miglioramenti nella tecnologia in genere e in particolare nella metallurgia, in quanto insieme alle merci venivano importati anche procedimenti tecnici nella fabbricazione dei manufatti.
In questo periodo, forse per influenza Mesopotamica, anche le tradizionali figure religiose abbandonano la stilizzazione neolitica per assumere caratteri maggiormente realistici e antropomorfici, e cominciano ad apparire insieme con altre figure di uomini o di animali. La produzione ceramistica fa pensare ora all'esistenza di una più vasta sfera di acquirenti, con esigenze di gusto più complesse e più sensibili all'arte.
Le nuove influenze introducono motivi decorativi inediti accanto alle antiche forme geometriche. Compaiono spirali, linee ondeggianti, grandi anfore e grandi brocche di ceramica non soltanto dipinta ma anche a rilievo e, nello stesso tempo, si introducono nuovi procedimenti di verniciatura e si imitano in argilla oggetti di bronzo, impiegando vernice e modellature che danno alla terracotta dipinta l'agilità, la fantasia e la ricchezza degli oggetti metallici. La comparsa del vino come bevanda suggerisce tazze particolari e concede all'estro dei modellatori libertà di invenzione nella creazione di brocche con becchi che consentono di versare il liquido, certamente prezioso, senza sprecarlo.
Un miglioramento generale del tenore di vita e più articolate esigenze nei consumi presuppongono però una nuova struttura sociale, che non è più concepibile in forma di grosse aziende agricole nelle quali tutti i sudditi lavorano per il sovrano, mediatore rispetto alle forze divine di una religione idolatrica, con una funzione a un tempo magica e sacrale.
Il maggiore sviluppo antropomorfico delle individualità divine indica, a sua volta, che la divinità ha abbandonato le arcaiche forme idolatriche (divinità come potenza generativa della natura) pur restando legata a una forma prevalentemente naturalistica, inerente principalmente al felice sviluppo di tutti i cicli della vita, dell'agricoltura e della pastorizia. Nel fondo religioso persiste, quindi, il concetto della presenza di una divinità femminile come simbolo della fecondità della terra e di ogni cosa animata e inanimata: una Dea Madre.
Pierluigi Montalbano FONTE: www.znaeditrice.forumup.it

mercoledì 7 ottobre 2009

GIGANTI DI MONTI PRAMA

Nel 1974, in un campo vicino a Cabras in provincia di Oristano, l’aratro del signor Sisinnio Poddi incontrò casualmente un busto, una testa e un braccio di roccia bianca calcarea. Erano le prime porzioni degli oltre 5000 frammenti di statue monumentali venuti alla luce e sparpagliati su una necropoli sepolta: appartenevano a statue alte fino a 2 metri e mezzo con volti, nasi e sopracciglia stilizzati, fronti ampie, occhi incisi a cerchi concentrici. Statue scolpite da artisti della civiltà nuragica. Nel 1977 la soprintendenza archeologica sarda e l’università di Cagliari iniziarono a scavare in quella zona sabbiosa presso il mare chiamata Monte Prama (nome sardo della palma nana che cresce in quella zona, «prama»). Seguì un lungo e oscuro periodo di stasi ma da tre anni un gruppo composto da una ventina di specialisti sta riassemblando le statue nel Centro di restauro Li Punti, nel sassarese. L’archeologo Tronchetti condusse gli scavi organizzati dalla soprintendenza di Cagliari e individuò una necropoli con 34 tombe a fossa con corpi inumati. Era un’area sacra dell’VIII a.C. sopra la quale c’era un fossato su cui qualcuno aveva gettato le sculture ridotte in frantumi. Con i 300 frammenti di modellini di nuraghe, gli archeologi hanno recuperato 4.900 pezzi fra teste, braccia, cosce, piedi e altro: appartengono a figure poderose, alte in media di 2 metri e 40, ognuna dal peso compreso tra i 100 e i 250 chili per un totale di oltre 10 tonnellate. --
Pierluigi Montalbano
FONTE: www.znaeditrice.forumup.it