venerdì 29 aprile 2011

Nuova collana: Limbazzos

La casa Editrice Zènìa con la collana Limbazzos propone i migliori poeti conteporanei di Sardegna e le loro opere scritte "in limba"!

Mario Murru

mercoledì 20 aprile 2011

Secondo appuntamento con Pia Deidda: Lanusei 29 Aprile 2011...

















IL ROMANZO “E CANTAVAMO ALLA LUNA” E' STATO ISPIRATO DA UN LUOGO FISICO A ME CARO

Chi, come me, ha vissuto a Lanusei negli anni Sessanta-Settanta ancora ricorda certe domeniche o festività passate al bosco Seleni quando le famiglie arrivavano alle prime ore del mattino per riuscire ad accaparrarsi i tavoli di granito migliori posizionati sotto i lecci. Era un momento aggregativo e socializzante che creava movimento e fermento ed interrompeva per qualche ora il silenzio e la solitudine del bosco millenario. Le famiglie apprestavano vere e proprie tavolate con pranzi pantagruelici, dove non poteva mancare l'arrosto di maialino allo spiedo fatto negli appositi spazi. Chi ha vissuto quei momenti non ha dimenticato l'acqua gelida e pura che sgorgava di getto dalla sorgente e dalle altre due fontane minori.
Il Selene (o meglio Seleni alla sarda) è sempre stato il vanto della cittadinanza lanuseina, orgoglio da mostrare al forestiero e bene da godere. Come dimenticare l'orrore che suscitò in tutti l'incendio che scoppiò un giorno di un anno lontano degli anni Settanta? (Perchè non ci ricordiamo più quel momento? Ho chiesto a tanti lanuseini la data precisa ma non ne ho avuto notizia certa. Eppure sono questi momenti che non devono essere dimenticati, che ci fanno capire quanto siamo legati ad un posto fisico, e quanto questo posto sia di un valore inestimabile da tramandare alle generazioni future!). Tutta la popolazione accorse a spegnerlo spinta da una forza generata da un senso di comune appartenenza. Morivano lecci secolari, castagni possenti e verdeggianti, scompariva un fertile sottobosco; se ne andava una parte di noi. Ricordo quel momento ancora con grande commozione, il sole che stava tramontando dietro il monte divenne rosso di brace. Noi lanuseini quel giorno avemmo paura, non stavamo perdendo solo una parte del nostro patrimonio paesaggistico e naturalistico, stavamo perdendo una parte della nostra storia.
Eppure, in quegli anni, nessuno di noi era pienamente consapevole di cosa fosse realmente la storia del nostro bosco. Conoscevamo l'esistenza di quell'ammasso di pietre, sulle quali bambini si andava a giocare, come resti di un antico nuraghe. Ma nulla di più. Gli studi fatti da La Marmora ai primi dell'Ottocento o da Angelino Usai nella nostra epoca erano a conoscenza di pochi. Chi di noi sapeva dell'esistenza del bronzetto della sacerdotessa oggi conservato a Cagliari? Chi del pane rituale di farina di ghiande che facevano le nostre ave nuragiche? Oggi, invece, dopo gli scavi iniziati negli anni Ottanta, siamo a conoscenza della rilevanza storico-archeologica che riveste il sito del Seleni: importante insediamento nuragico con pozzo sacro, grande villaggio all'intorno del nuraghe con centinaia di capanne e due grandi tombe dei giganti che fanno ipotizzare un importante centro religioso legato al culto delle acque e dei defunti.
Io, allora bambina, qualcosa sognavo quando mi protendevo dalla roccia dove sorgevano le rovine del nuraghe. Gennaccìli, Genna 'e Cili , Porta del Cielo, era chiamato il nuraghe e il masso che si protendeva sulla vallata. Chissà quale antico passato si era svolto lassù. Chi aveva vissuto in quel bosco alto di Ogliastra?
Oggi a distanza di quarant'anni ho preso la penna in mano e ho intessuto una storia, fantastica certo, non ha pretese di storicizzazione, ma che mi permette di rendere narrativamente con gli occhi della fantasia che cosa poteva essersi svolto lassù tanto tempo fa. Ricercare le nostre origini non con i metodi scientifici dell'archeologo ma con quelli della passione letteraria che può avere la forza di ricreare l'aurea del mito. Anche perchè, nel frattempo, in questi ultimi decenni, tanto si è andati avanti nella ricerca storico-archeologica dell'antico popolo sardo. E, non sorprende, se si paragonano altri siti sardi, di sentire parlare di culto delle acque, di culto alla luna, di incunaboli, di riti funebri legati a luoghi particolari. Luoghi sacri come il bosco Seleni/Selene che della Luna ricorda con il termine greco il suo legame con l'astro notturno e con il suo antico culto.



Pia Deidda

E cantavamo alla Luna

Zènia Editrice di Mario Murru

L'Altopiano degli uomini Dei

Per la collana Arrastòs ..nuova fatica letteraria dello scrittore di romanzi storici ovoddese Augusto Cuccui.

Romanzo contestuale all'accordo stipulato attorno al 111 a.C. tra il console romano Marco Cecilio Metello e i ribelli barbaricini, dove la narrativa epica s’incontra con la descrizione poetica.


domenica 10 aprile 2011

E' uscito il primo volume della collana Anzònes...

Hieronimu Araolla tataresu
(XVI - XVII sec.)

Nacque a Sassari attorno alla metà del secolo XVI da un'illustre famiglia.
Poeta ed ecclesiastico, autore di pregevoli versi in lingua italiana, sarda e spagnola, segnando con la sua produzione poetica il punto di convergenza del trilin-guismo che caratterizzava la Sardegna nel periodo.
Fu allievo del medico e filologo sassarese Gavino Sambigucci. Studiò lettere e filosofia, e si addottorò in diritto. Abbracciò la vita ecclesiastica solo nella maturità, quando iniziò la propria attività letteraria.
Nel 1582 pubblicò il suo poema: "Sa vida, su marti-riu e i sa morte de sos gloriosos martires Gavinu, Brothu e Januariu", opera che si riallaccia a quella quattrocentesca di Antonio Cano riadattando il vasto materiale della leggenda popolare sulla vita dei mar-tiri turritani a una costruzione narrativa più articolata. Si tratta di un’opera giovanile, concepita in occasione di una grave infermità, dalla quale si dice che sia stato liberato dai suddetti santi. I tre martiri sono pre-sentati come eroi di fede cristiana, come modelli di forza, fermezza d’animo, coraggio e saggezza.
Il poema consta in 2000 versi e con esso compare per la prima volta il sistema di strofe in ottave che diven-terà la forma più consueta nella poesia popolare iso-lana, e ne contiene ben 250.
La sua morte viene collocata tra il 1595 e il 1615.
Considerando che gli scritti successivi all’originale presentavano incongruenze nell’uso dei vocaboli, sono stati eseguiti gli adattamenti necessari per rendere l’opera leggibile, rispettando la metrica e facendo comunque fede agli scritti antichi....( Illustrazione di Anna Lisa Cuccui, contenuti protetti da copyright).